Augusto grossi
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Augusto Grossi nasce a Bologna il 23 settembre 1835. Sono noti i suoi studi presso l’Accademia bolognese di Belle Arti e la partecipazione alle esposizioni accademiche del 1855 e 1856. Nel 1862 si aggiudica il piccolo Premio Curlandese di pittura con il quadro storico “ Malatesta Baglioni, capitano della Repubblica fiorentina” ora conservato presso la Galleria comunale di Arte Moderna di Bologna.
Alla pittura classica, che presto lascerà, affianca la passione per la tecnica litografica che impone il disegno diretto con matita grassa sulla pietra litografica. Questo metodo permette la stampa saltando la lunga e costosa fase dell’incisione: la sua invenzione è il motivo dell’avvento e del successo dei giornali illustrati nella prima metà dell’800. Nel 1863 partecipa ancora all’Esposizione della società Promotrice di Torino con il quadro ad olio “Una popolana bolognese”, ma il 3 gennaio 1863 insieme a Leonida Gioannetti, 22enne impiegato delle Poste, ha già fondato, in Bologna, il giornale satirico “Il Diavolo Zoppo”. Esce due volte la settimana e, secondo la moda del tempo, è costituito da quattro pagine, di cui le due centrali occupate da una illustrazione caricaturale, affidata alle matite litografiche proprio di Grossi e, in minor parte, del pittore Silvio Faccioli. Grossi ne fa la sua palestra professionale e la sua crescita artistica nel corso dei numeri è palpabile. Rivista filomonarchica, fortemente anticlericale deve battagliare con i concorrenti che il mondo cattolico bolognese crea per contrastarla. Il suo antagonista clericale “La Marmitta” ha un successo imprevisto ed il 4 marzo 1865 Il Diavolo Zoppo deve chiudere i battenti. Dopo la chiusura, probabilmente Grossi pubblica qualche disegno sul “Diavoletto”, con lo pseudonimo di Grillo, ma sotto le ceneri del Diavolo Zoppo la brace arde. Il 7 novembre 1865 il binomio Gioannetti Grossi propone un nuovo settimanale “La Rana”, che in bolognese significa “bolletta”, in linea con la crisi economica che sta attanagliando il paese. Grossi è il mattatore: il giornale si basa sulla doppia pagina caricaturale centrale che ospita un suo disegno, abilmente ambientato e ricco di personaggi, di immediato, piacevole impatto. La diffusione cresce rapidamente e arriva a superare i confini nazionali verso le zone dell’Europa e dell’Africa del Nord dove la presenza italiana è maggiore. La diffusione sui mercati internazionali, seppur inizialmente mirata ai numerosi connazionali residenti all’estero, impone un viraggio nei temi trattati, sempre più improntati alla politica europea e lontani dalle problematiche più strettamente locali. Il successo nelle vendite all’estero, spinge a stampare, nel marzo 1872, un’edizione francese, “La Grenouille”, che dura pochi numeri perché una pesante caricatura del Presidente Thiers porta al sequestro del numero e alla chiusura del mercato francese. Grossi non è d’accordo su questa linea editoriale eccessivamente aggressiva: la sua collaborazione con la rivista si dirada in questo periodo. Probabilmente questa esperienza porta a maturazione il progetto di una rivista tutta sua, improntata esclusivamente sulla politica internazionale e destinata principalmente al mercato sovranazionale. Trovati gli investitori per accedere ai nuovi macchinari per la stampa litografica a colori su grande formato, l’avventura può iniziare. Il 5 gennaio 1873 nasce, quindi, la sua creatura, “Il Papagallo”, giornale “colorato politico umoristico”. Direttore responsabile è Manfredo Manfredi. Si presenta con alcune prerogative che ne determinano il rapido successo: il colore, sempre molto vivace, che amplifica la suggestione del disegno, l’ambientazione tanto accurata da formare una vera e propria scena teatrale e il prezzo, contenuto nonostante le rilevanti innovazioni. “Addestrando l’ingegno nell’arguta e frizzante satira delle cose cittadine è salito alla serena contemplazione, alla neutrale caricatura dei grandi fatti che i potenti decidono nei silenziosi gabinetti, che i popoli risolvone negli urti immani delle passioni e degli interessi. Un tempo si compiacque di far passare come in una lanterna magica, nella figurina comica, nel frizzo cortese che l’accompagnava la vita bolognese del secolo che è tramontato; in appresso, in questi anni stessi è la vita europea burrascosa o calma, che nella imparziale caricatura ha fatto passare davanti agli occhi del mondo.” Così scrive Lucia Borghi Mambrilla nel numero de “Il Papagallo”del 25 settembre 1910, giorno del 75° compleanno di Augusto Grossi, descrivendo poeticamente la sua evoluzione artistica. In effetti, i contenuti della satira sono mordaci, ma espressi sempre con intelligenza e delicatezza, in grado di far comprendere con ironia le complesse dinamiche della “grande” politica. “Il Papagallo” chiuderà i battenti nel maggio 1915 con la guerra alle porte e Grossi ormai ottantenne. Nella sua lunga vita lavorativa, Augusto Grossi dimostrerà sempre grande equilibrio e diplomazia. Ne Il Papagallo ha finalmente modo di dimostrare tutte le sue capacità, artistiche ed imprenditoriali. Dal 24 novembre 1888 assume anche la Direzione del giornale al posto di Manfredi e “in quest’occasione si prevengono abbonati e venditori che il sistema amministrativo sarà grandemente migliorato, cosicchè si verificherà maggior regolarità e sollecitudine nelle spedizioni e nella corrispondenza.” Il suo impegno totale nella gestione è confermato tre settimane dopo dall’avviso di indirizzare ogni corrispondenza per la Direzione direttamente ad Augusto Grossi. Persona semplice, molto attaccato alla famiglia ed al lavoro, conduce una vita riservata, lontana dai riflettori della mondanità e dai taccuini dei critici d’arte che lo ignorano. La lunga malattia e la morte precoce del figlio ventunenne, avvenuta nel 1890, accentuano la sua riservatezza ed il suo attaccamento al lavoro. Proprio queste straordinarie capacità di produrre vengono riassunte, sempre in occasione del suo settantacinquesimo compleanno, sulla prima pagina del suo Papagallo. Vengono elencate tutte le pietre litografiche da lui disegnate nel corso della sua lunga vita professionale, un’occasione, tra l’altro, per ricordare le riviste dove ha operato: Il Diavolo Zoppo, per 4 anni, La Rana, per 11 anni a tinta nera e 6 anni a colori, con l’uso, quindi, di quattro pietre per ogni tavola, Aristofane, per 12 anni, pure a quattro colori, Il Papagallo, per 38 anni a quattro colori. Il risultato finale è impressionante: “In tutto Augusto Grossi ha coperto col suo disegno mq 3382,0592. E’ una bella cifra!” E’ curioso rilevare la sua collaborazione continuativa anche con una rivista greca, Aristophanes, ad avallo del suo prestigio internazionale. Si constata, inoltre, la prosecuzione della sua collaborazione con “La Rana” anche dopo il “divorzio” da Gioannetti del 1873. I buoni rapporti con l’amico permangono, nonostante La Rana, nella primavera del 1879, passi al colore, affiancando al giornale classico, definito ormai “edizione popolare”e rimasto al consueto costo di 10 centesimi, un’edizione “colorata e su carta di lusso” in grado di competere con lo straripante Il Papagallo. La concorrenza è, quindi, reale, ma basata su saldi principi morali di lealtà: l’amicizia con Gioannetti non sarà mai messa in discussione fino alla sua morte per polmonite il 4 gennaio 1897. Augusto Grossi incarna la figura del borghese illuminato dell’’800, l’uomo totalmente dedito al proprio lavoro di cui gode i frutti, ma conscio del valore etico e sociale della sua attività che genera e distribuisce ricchezza. “Il lavoro è la vita, chi procura agli altri lavoro e benessere è benemerito dell’umanità.” – prosegue l’articolo di Lucia Borghi Mambrilla - “Che si dovrebbe dunque dire di quest’uomo che per trent’otto anni conducendo un giornale proprio ha dato a tanti lavoro e guadagno, dagli stampatori e litografi che rendono sulla carta il giornale ch’è suo, al venditore lontano che nell’oriente pittoresco o nel nord gelido o nel mezzogiorno arso dal sole del mondo sparge il suo foglio, l’opera dell’artista italiano, che con la facilità della più semplice azione ha afferrato e riprodotto l’affannante situazione, il difficile momento politico che affatica la mente del mondo.” Grossi non nasconde mai il successo, anche economico, della sua creatura e, anzi, lo ostenta sinceramente. Già all’inizio del terzo anno d’attività de Il Papagallo parla dei suoi “fenomenali guadagni”. “Pochi come lui hanno destato tanta attività attorno ad essi, pochi, e passiamo pure ad una nota un po’ umoristica, pochi pagano tasse tanto elevate allo stato, come egli per la spedizione del suo giornale, di modo che anche l’ombra grave dello stato deve guardare benigna quest’umorista e caricaturista che suscita il riso e la ironia su tutto e su tutti.”, così sempre sulla pagina celebrativa del suo 75° compleanno. Solo un rammarico: “Eppure quanti meno di lui hanno lavorato e più sono ricordati nel mondo? Quanti sono meno di lui privilegiati figli dell’Arte, ma più di lui incensati e stimati? Ingiustizia nei giudizi degli altri? Forse, ma Augusto Grossi è artista e profondamente artista e, come tale anche filosofo che vede, pensa e sorride”. Nel numero di fine anno del 1910, la tavola mostra Grossi rovesciare la gerla dei suoi caricaturati davanti all’Archiginnasio di Bologna cui ha donato la collezione completa del suo giornale a suggello dell’importanza, quantomeno storica, della sua opera. Alla sua morte il Resto del Carlino così lo commemora: “galantuomo d’antico stampo, allegro e faceto”, era vissuto,”sempre da solitario, amatissimo della famiglia”. |