Un brindisi al 20 settembre
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Evviva Roma, Capitale d'Italiaaaaaaaa!!!
La contesa torta che rappresenta i "Fondi segreti governativi".
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Tavola di grande attualità. Si festeggia l’anniversario di Roma, Capitale d’Italia. Il 20 settembre 1875 si può dire che tutti i servizi siano ormai stati trasferiti da Firenze nella nuova Capitale e tutti i vizi siano già palpabili. L’orgia delle spese per attivare nel minor tempo possibile i servizi romani è ormai conclusa e la costosa centralizzazione è irrimediabilmente a regime. Il brindisi viene effettuato con un vino particolare, il LACRIMA D’ITALIA, le cui bottiglie appaiono svuotate e disordinatamente rovesciate sulla tovaglia. Intorno alla tavola i personaggi, dagli inequivocabili denti aguzzi e dall’aspetto ben pasciuto, alzano i calici e si contendono la torta dei “Fondi segreti governativi”; si riconoscono tra
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loro l’esattore, il generale, il senatore’ il capo dicastero, il deputato, il procuratore, la spia ma non mancano personaggi come il portiere e l’impiegato, seduto al centro con la sua ciotola alla bocca. I denti aguzzi dei festeggianti contrastano con la povertà del banchetto, imbandito con poche pagnotte: è rimasto poco da mangiare. In primo piano, seduto a terra, l’esercito, con dentatura assolutamente normale, consuma il suo magro rancio, mentre un distinto signore in livrea, rappresentante delle numerose categorie di italiani privilegiati, finisce di spolpare l’osso delle “Prebende del popolo italiano”. Un micio aggressivo, dai denti aguzzi, il Vaticano, troneggia sul tavolo e costringe un cane, magro e dimesso, a nascondersi sotto la tovaglia della “Fedeltà nazionale”.
La scena colpisce per la sua forza teatrale e ci dimostra come, già sul nascere, il trasferimento, forzato nella sua urgenza, di tutti i servizi nella nuova Capitale avesse messo in mostra quelle anomalie che accompagneranno nel tempo la centralizzazione dei servizi in Roma. Una voragine che brucia le risorse di uno Stato che, nato con i debiti, arrancherà per mantenere la sua vorace capitale.
La scena colpisce per la sua forza teatrale e ci dimostra come, già sul nascere, il trasferimento, forzato nella sua urgenza, di tutti i servizi nella nuova Capitale avesse messo in mostra quelle anomalie che accompagneranno nel tempo la centralizzazione dei servizi in Roma. Una voragine che brucia le risorse di uno Stato che, nato con i debiti, arrancherà per mantenere la sua vorace capitale.