IL papagallo: un Giornale italiano per il Mondo
(5 gennaio 1873 – maggio 1915)
Frontespizio del primo numero del 1875
Numero 18 del 30 aprile 1876, annunciante l'uscita dell'edizione in lingua francese
|
E’ l’anno 1873 quando Augusto Grossi, classe 1835, pittore bolognese da un decennio dedicato esclusivamente alla caricatura, decide di portare in Italia la cromolitografia a vivaci colori che Andrè Gill aveva lanciato con successo in Francia negli anni precedenti. Due i giornali che gli erano serviti da palestra come caricaturista: Il Diavolo zoppo, nel periodo 1863 – 1865, e La Rana, dall’autunno 1865 fino all’uscita del nuovo settimanale.
Il 5 gennaio di quell’anno esce Il Papagallo, giornale “colorato politico umoristico”. E’ portatore di un’idea innovativa e coraggiosa: dedicarsi esclusivamente ai grandi temi di politica internazionale. Per la prima volta al mondo, nasce, quindi, una rivista non per trattare temi locali nè, tantomeno, nazionali, ma per oltrepassare i confini di stato e diffondersi in tutta Europa. Il giornale è composto da un foglio di dimensioni 60x40 cm., piegato a formare 4 pagine di cui le due centrali occupate da una grande caricatura a vividi colori, stampata con quattro pietre litografiche. Le macchine per questo tipo di stampa sono molto costose e sicuramente alcuni soci finanziatori accompagnano Grossi in questa avventura editoriale. Il Direttore responsabile è Manfredo Manfredi. La caricatura centrale è il perno della rivista. Sono protagonisti i principali leaders europei nei loro quotidiani affanni. “Rappresentazione della compagnia equestre del Papagallo”: questo è il titolo della tavola del primo numero dove, in un’articolata scena teatrale di circo, le loro caricature vengono presentate, una ad una, da don Basilio a Quintino Sella, da Thiers a Rigolo III. Non mancano i personaggi di genere come la diplomazia, una vecchia arcigna, o i meeting, allora così di moda, rappresentati da un villico nell’atto di cavalcare l’opinione pubblica, simboleggiata da un asino irrequieto. Eccovi innanzi l’ultimo, per il contribuente, Del grande Regno Italico, magnifico espediente. E’ l’opinione un asino tal Che non vuole impiccio: Non gli si impone un carico, se non ne ha il capriccio. Il Meeting per vincerlo fè sforzo sovrumano; Ma non gli valse a un cavolo: niun se ne fa sovrano. Intoppo vecchio e rancido ad ogni buona cosa, la vecchia Diplomatica sempre si fa più uggiosa. Il prezzo della singola copia è contenuto: 20 centesimi (0,70 € di oggi), e l’abbonamento annuale costa 8,50 lire (30,14 € di oggi); il sovrapprezzo per l’estero è “il dippiù della spesa postale”. Costa meno dei 30 centesimi della rivista milanese “Lo Spirito Folletto”, edita da Sonzogno, 15 lire l’abbonamento annuale nel Regno, e la metà del torinese“Pasquino”, 22 lire d’abbonamento annuale, la creatura del grande Casimiro Teja. Si tratta, però, degli indiscussi leaders nazionali, con otto pagine anziché quattro e la caricatura centrale affidata agli artisti più rinomati del momento, Teja e Gonin in testa. Il prezzo è, comunque, il doppio rispetto al prezzo delle normali riviste in commercio, attestate sui 10 centesimi. L’approccio al mercato avviene, quindi, con cautela: il sabato esce “Il Papagallo – Giornale politico umoristico”, nel formato tradizionale senza colore, allineato anche nel prezzo alla ormai tradizionale “La Rana” bolognese, 10 centesimi. E’ destinato esclusivamente al mercato regionale e si distribuisce solo in Bologna con “succursale, deposito e vendita presso Aristide Veronesi, via Mercato di Mezzo”. Il frontespizio segnala che “in ogni Domenica susseguente esce il medesimo giornale colle figure colorate al prezzo di Cent. 20 ogni numero del Regno, e 15 per Bologna”. Gli amatori bolognesi delle caricature di Grossi possono continuare a goderlo “low cost”: un duro colpo per “La Rana”, che comunque riesce a sopravvivere. Il successo è subito enorme. Il 30 aprile 1876, dopo poco più di tre anni e nonostante la crisi economica, si annuncia la nascita dell’edizione francese “Le Perroquet” con tavola uguale, ma testi francesi diversificati “valendosi di uno stile.. più delicato”. Le copie dichiarate sono 14.800. Con il primo numero del 1878 si annuncia orgogliosamente: “sei anni di trionfi, con una vendita sempre crescente, con un profluvio di pezzi da venti franchi e di montagne di cenci monetati, ciò che non è poco in questi tempi bollettari….abbiam portato a 24.000 copie la tiratura del Papagallo 24.000 copie la tiratura del Perroquet che mai non bastano alle incessanti domande”. Anche il successo economico dell’iniziativa, quindi, è straordinario. L’attenzione al prezzo, mantenuto per decenni a 20 centesimi per la singola copia per l’Italia e 25 cent. (0,95 € di oggi) per l’estero, unita alla qualità, tecnica ed artistica, dell’illustrazione, sempre rigorosamente su temi internazionali, si dimostra vincente e permette di fronteggiare e sbaragliare i concorrenti che, nel tempo, cercano di scalzarlo. Il 4 maggio 1879 esce anche l’edizione inglese, “The Parrot”: “esso ha le stesse ammiratissime e celebratissime caricature del Papagallo e del Perroquet; e contiene in inglese un romanzetto, quattro satire sociali e politiche, un’altra di Calembourg, della psicologia umoristica, dei racconti brillanti, delle poesie e perfino della storia e della scienza popolari”. Dopo sette anni dall’esordio, si stampano, quindi, ben tre edizioni, completamente diverse nel testo, ma con la stessa tavola centrale, il vero perno della rivista. A partire dal 13 aprile 1879 sono previste tre fasce di abbonamenti: Regno d’Italia, curiosamente parificato ad Alessandria d’Egitto, Tunisi e Tripoli, al costo annuale di 8,50 lire (31,98 € di oggi), Francia, Svizzera, Inghilterra, Germania, Grecia, Cairo, Suez, Marocco, Rumenia e America del Nord di 10,60 lire (40,43 € di oggi) e America del Sud di 15,80 lire. I prezzi rimarranno pressoché inalterati negli oltre 40 anni di uscita della rivista, grazie, anche, alla bassa inflazione che permarrà fino agli anni della prima guerra mondiale. Anzi, i prezzi calano al passaggio nel nuovo secolo in virtù delle moderne tecniche di stampa e, soprattutto, per la carta utilizzata, una carta “chimica” di basso costo, ma altrettanto bassa qualità. Questo tipo di carta, peraltro usata ampiamente nel campo dell’editoria periodica, rende difficile la conservazione tendendo la carta ad ingiallirsi e sgretolarsi inesorabilmente. Il 29 giugno 1879 si raggiunge l’apice della tiratura; queste le cifre dichiarate ufficialmente: “Il Papagallo” 30.000 copie, “Il Perroquet” 24.000 copie e “ The Parrot” 24.000 copie. Sembrano francamente eccessive, ma probabilmente sono dati veritieri dal momento che il fisco, da sempre vigile, avrebbe colpito l’eccessiva dichiarazione trasformandola in costoso autogol. L’edizione inglese scompare dopo poco tempo, ma si consolida quella in lingua francese e le tirature complessive si stabilizzano oltre le 40.000 copie. Oggi è più facile ritrovare copie del Papagallo in Francia, nella sua edizione “Perroquet” che tanto successo ha riscosso oltralpe, rispetto ai mercati antiquari italiani. Certo, l’attuale rarità della rivista fa mettere ulteriormente un po’ in dubbio l’entità delle tirature ufficiali dichiarate. L’ascesa prussiana, l’espansione coloniale inglese, le politiche di apertura commerciale verso l’estremo Oriente, la decadenza dell’Impero Ottomano e le politiche fiscali di rigore europee sono alcuni tra i temi protagonisti delle tavole di Grossi che ogni settimana, attraverso le sue brillanti pietre litografiche, raccontano gli eventi che ora sono diventati storia. Oggi “Il Papagallo”, vero orgoglio italiano in Europa e nel mondo, uscito ininterrottamente dal 1873 al 1915, non è ricordato in alcuna Enciclopedia italiana ed è citato con pochi cenni nei libri di bibliografia sui periodici dell’’800. |